Gabriel García Márquez scriveva “Tutti gli esseri umani hanno tre vite: pubblica, privata e segreta”.
Così, mentre Chiara Ferragni e Fedez pubblicano copiosamente sui social le immagini del loro primogenito Leone Lucia, e mentre la regina di Spagna, Letizia Ortis, si muove come un animale in gabbia davanti all’obiettivo dei fotografi, mandando in fumo il selfie della regina emerita Sofia con le nipoti, lo scandalo di Cambridge Analytica dilaga imperterrito.
Un dato specifico accomuna questi tre esempi: il consenso.
Sin dai tempi del Grande fratello, e con l’avvento dei social ormai è inevitabile: la vita di ciascuno di noi e' scandita dal delicato tema della Privacy.
Dalle e-mail di benvenuto, alle foto di soggetti terzi pubblicate su social e sito dell'azienda, ai dati personali di clienti, fornitori e degli stessi dipendenti con cui si entra in contatto (ad esempio dati anagrafici e demografici, numeri di telefono, e-mail, targhe, tessere sanitarie, conti finanziari e carte di credito), ci si muove in un campo minato, disseminato di divieti e violazioni.
Quando, allora, si può ritenere un’attività rispettosa della privacy senza rischiare di scivolare su una buccia di banana?
A chiarirci le idee ci pensa il GDPR (acronimo di General Data Protection Regulation), ovvero il Regolamento generale sulla protezione dei dati nell’Unione Europea (scarica qui la versione in italiano).
Tale Regolamento è entrato in vigore il 25/05/2016, sostituendosi alla precedente Direttiva 95/46 EC. In quanto Regolamento, si tratta un atto legislativo vincolante che deve essere applicato in tutti i suoi elementi nell'intera Unione Europea. Dalla sua entrata in vigore le aziende e le organizzazioni (sia le europee, sia quelle extraeuropee che offrono beni e servizi ai cittadini europei) hanno tempo fino a due anni per mettersi in regola e conformarsi ai principi in relazione al trattamento dei dati dei cittadini comunitari.
Il termine ultimo per uniformarsi al Regolamento è dunque il prossimo 25/05. Se la tua azienda non ha ancora fatto nulla per adeguarvisi, e' bene che si attivi subito ed inizi il prima possibile a regolarizzarsi con le prescrizioni del GDPR, cercando di conformare i trattamenti dei dati più rilevanti e rischiosi all’interno della stessa.
Il Regolamento incide pesantemente su una materia verso cui finora non c’erano state la necessaria attenzione e sensibilità: la protezione dei dati personali e la loro elaborazione e circolazione, che interessano le piccole e medie imprese come le grandi organizzazioni, rafforzando la salvaguardia dei dati stessi, tutelando il diritto ad essere informati su come i propri dati siano processati e gestiti, garantendo altresì il diritto all’oblio di chi non vuole più che i propri dati vengano trattati e ne esige la cancellazione.
Il Regolamento, pur costringendo le aziende ad effettuare degli investimenti rilevanti da un punto di vista economico (come ad esempio per la criptazione dei dati, o per la cancellazione degli stessi una volta scaduti i termini previsti per la loro conservazione), comporterà un netto miglioramento nella governance dei dati, favorendo altresì l’immagine aziendale ed aumentando la soddisfazione dei clienti.
È vero che il legislatore italiano non ha ancora stabilito l’entità delle sanzioni, ma il Regolamento prevede dei massimali fino a 20 milioni di euro e sino al 4% del fatturato mondiale totale annuo dell’azienda, che possono rappresentare uno spauracchio non da poco (come lo sarebbero del resto la perdita dei dati, i rischi per la sicurezza e il conseguente danno all’immagine).
Insomma il consenso, non solo nelle relazioni sociali ma anche sul lavoro, è un tema fondamentale ed il GDPR lo innalza a diritto di libertà e ci fa esclamare a tutti: “Finché c’è privacy c’è speranza”.
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